Ricevo questo testo (e foto) da p.Silvano Galli, Koloware, Togo.
Lo pubblico con piacere.
"Devo andare in banca per ritirare qualcosa. Siamo anche noi
confinati, niente più messe domenicali e feriali. Dunque niente più collette
alla domenica. Ne facevamo due: una per la missione e una per la chiesa. Da due
mesi non c’è più nessuna entrata. E dobbiamo continuare a vivere, e poi ci sono
le spese fisse: luce, il giovane presente alla missione.
Davanti all’entrata della banca un bidone a pedale per
lavarsi le mani. Poi ci si mette in fila, seduti su un paio di panchine. Al tuo
turno ti chiamano.
Sono accompagnato da Iroko, il responsabile della ditta
“pozzi e trivellazioni”. Abbiamo ancora in progetto dei lavori a Sanda. I fondi
che restano in banca non sono sufficienti, ma visti i tempi straordinari, farà
ugualmente la trivellazione e il pozzo, praticamente a metà prezzo.
Misure severe sono in atto nella prefettura. Oltre a quelle
a livello nazionale (chiusura scuole, università, chiese, moschee, proibizione
di ogni tipo di riunione, mascherine obbligatorie in luoghi pubblici...) qui da
noi vige il coprifuoco notturno dalle 20 alle 6 del mattino.
Per i confinamenti il problema è complicato.
“Se ci confinano magari non moriremo di coronavirus, ma di
fame, questo è certo”. La gente vive del suo lavoro. Se non
va nei campi, se non va al mercato, non può vivere.
Ma qui tutti sono abituati a lottare e a convivere con la
morte, e a sorridere anche nelle situazioni più tragiche."
22 aprile 2020
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